Pianta di canapa: adesso inserita tra le piante officinali

3 2

Il vivo e fiorente settore canapicolo in Italia, ha più volte inoltrato richiesta affinché la pianta di canapa venisse inserita nell’elenco delle piante officinali. La domanda ufficiale è stata inoltrata attraverso il Decreto Legislativo n° 75/2018, non una rivoluzione, ma un naturale percorso, visto che la pianta è conosciuta or mai da tutti soprattutto per le sue proprietà benefiche.


La risposta, anche se si è fatta attendere per diverso tempo, è finalmente arrivata. Ad agosto di quest’anno, il Ministero dell’Agricoltura, nella figura di Teresa Bellanova, ha approvato un nuovo elenco dei prezzi massimi unitari relativi al mercato agricolo agevolato. In questo elenco è finalmente stata compresa anche la pianta di canapa, identificata come pianta officinale. Si tratta di un grande passo in avanti del settore, che vede parzialmente demonizzata la pianta di canapa e le sue infiorescenze ad uso estrattivo.

Le conseguenze del riconoscimento

La cannabis sativa legale è da sempre oggetto di discussioni e diatribe e la novità di questo agosto ha aperto le porte a moltissime opportunità. La prima, la più significativa, è quella rappresentata dalla possibilità di coltivare e trasformare la cannabis sativa light per moltissime nuove finalità.
L’articolo n°2 della legge n°242/2016 stabiliva le finalità precise per cui era possibile coltivare e lavorare la cannabis:


“… Alla produzione di alimenti, cosmetici, materie prime biodegradabili e semilavorati innovativi per le industrie di diversi settori… Alla realizzazione di opere di bioingegneria, bonifica dei terreni, florovivaismo, attività didattiche e di ricerca…”


Come pianta officinale infatti, adesso la canapa può essere coltivata e lavorata per i fini previsti dall’articolo n°2, comma 4 del Decreto Legislativo n° 75/2018:


“Le piante officiale comprendono altresì alcune specie vegetali che in considerazione delle loro proprietà e delle loro caratteristiche funzionali possono essere impiegate, anche in seguito a trasformazione, nelle categorie di prodotti per le quali ciò è consentito dalla normativa di settore, previa verifica del rispetto dei requisiti di conformità richiesti”.

Pianta di canapa

Pianta di Canapa: cosa cambia adesso?

È una buona notizia per gli agricoltori. Inserendo la canapa fra le piante officiali, infatti, ci sono una serie di certezze in più sul tipo di lavorazione che è possibile fare con la pianta di canapa. Prima fra tutte la lavorazione e l’estrazione degli oli essenziali. É solo un primo piccolo passo, ma è comunque una grande conquista, visto il settore.


L’introduzione della pianta di canapa nell’elenco che raccoglie tutte le piante officinali riconosciute dal Governo, non risolve infatti il problema che si trova a monte della questione. Un interrogativo alquanto facile: Chi può ufficialmente vendere l’olio essenziale di canapa?


Per il momento lo possono vendere le erboristerie. Si tratta del luogo a cui è infatti destinata la pianta officiale, purché limitata al consumo umano. Inoltre deve sottostare ai limiti attualmente in vigore. Per trovare una soluzione definitiva sarebbe necessario ricostituire l’elenco delle piante ammesse negli integratori. Questo però può succedere solo se l’Onu metterà mano alla revisione della Convenzione Unica sugli stupefacenti del 1961.
Ma con questa decisione si sfata un mito e un pregiudizio costante. La canapa sativa è un prodotto agricolo, non una droga, e come tale deve essere trattato. Una conquista e una certezza in più per agricoltori e consumatori.

Pianta di canapa: doveri e tutele dei produttori

Rimane tuttora in vigore la legge n°242/2016 che prevede obblighi e tutele dei coltivatori e dei consumatori. Tra gli obblighi ricordiamo quello di conservare scontrini e ricevute delle sementi per almeno 12 mesi dopo l’acquisto. Obbligo che in realtà è anche una tutela. É con la ricevuta e la certificazione delle etichette che i coltivatori possono effettivamente comprovare la provenienza, nonché la qualità e il contenuto di THC, dei semi acquistati.


Ricordiamo che di fatti la legge italiana al momento prevede un contenuto di THC inferiore allo 0,2% con oscillazioni tollerate fino ad un massimo di 0,06%. All’interno di questo range la detenzione, il consumo, ma anche la coltivazione (da parte di agricoltori certificati) è depenalizzato. Superato il limite però il materiale è soggetto al sequestro e l’incriminato a diverse pene amministrative (che tradotte si trasformano in sanzioni pecuniarie alquanto cospicue).

Indice