Anche se la cannabis viene utilizzata a scopi terapeutici da millenni, la sostanza fu screditata dal legislatore durante la guerra alle droghe da parte del presidente americano Richard Nixon, iniziata nel 1971. Ma grazie alle dimostrazioni sempre più numerose degli effetti benefici della pianta, l’atteggiamento verso la cannabis è cambiato. All’inizio del 21° secolo, molti Paesi hanno iniziato a depenalizzare l’uso della cannabis a scopi terapeutici. Oggi la vendita e l’uso della cannabis a scopi ricreativi sono legali in Uruguay, Canada e in 11 stati in USA.
Un cambiamento epocale, da cui è emerso che le donne sono consumatrici spesso trascurate. Si calcola che entro il 2022 metà dei consumatori sul mercato della cannabis in USA sarà composto da donne. In un settore che varrà, secondo le stime, 146 miliardi e mezzo di dollari entro il 2025, saranno moltissime le donne disposte a spendere.
Ci sono sempre più brand con il giusto expertise per accogliere la domanda, molte capitanate dalla stessa tipologia di donne a cui si rivolgono.
Dai cosmetici, alle pillole a base di CBD per alleviare i dolori mestruali, passando per prodotti a base di canapa biologica coltivata senza l’uso di pesticidi, sono innumerevoli i nuovi prodotti che invadono il mercato, e ognuno di essi promette alle donne un’ alternativa naturale ai farmaci.
Imprenditrici nel settore canapa
Nel 2018 è nata 48North, un’azienda canadese dal management tutto al femminile che si rivolge a una clientela molto attenta, offrendo cannabis di qualità coltivata biologicamente, prodotti a base di cannabis e tutto il relativo armamentario dal look stiloso.
Da quando Alison Gordon, un’imprenditrice di lunga data del settore della cannabis d’oltreoceano, è co-CEO di 48 North ha fatto guadagnate all’azienda circa 70 milioni di dollari canadesi; insieme a VanderMarel ha messo le mani su una coltivazione all’aperto di 40 ettari; e ha dato vita a una community di clienti entusiasti su Latitude, un sito web in cui vengono condivise storie di donne che usano la cannabis per stare meglio.
Gordon e VanderMarel sperano che l’uso della cannabis possa essere considerato normale nell’ambito di uno stile di vita sano e responsabile. «Abbiamo faticato per eliminare i pregiudizi, per fare in modo che l’uso della cannabis non fosse più associato all’idea della strada e per poter dire alle donne “Avete presente quella influencer, quella celebrity, il vostro vicino di casa? Fanno tutti uso di cannabis e sono tutte persone di successo, persone che fanno mille cose, e usano la cannabis perché li aiuti a essere così.
Da Kikoko, poi, hanno cominciato a organizzare tè “high” alla cannabis. Il dress code? “Tea dress”, ovvero abitini longuette e cappellini vintage. Dopo una breve presentazione sulle proprietà mediche della pianta, si servono i loro prodotti. Il clamoroso successo dell’iniziativa ha portato alla pubblicazione delle linee guida per l’“high tea” perfetto, e adesso stanno pensando anche a organizzare veri e propri “tea – party” con i testimonial del brand in tutto il mondo.
Se alcune imprenditrici stanno avendo successo, ce ne sono altre che fanno fatica a farsi strada in un sistema a prevalenza maschile. Le donne occupano solo il 27 % delle posizioni manageriali negli USA mentre, nel vicino Canada, VanderMarel e Gordon sono un esempio molto raro. E se è vero che il settore cresce rapidamente, le società finanziarie guidate prevalentemente da uomini stanno invadendo il mercato con i loro capitali, a ulteriore discapito delle donne.
«Per una donna è molto più difficile trovare e ottenere i finanziamenti» afferma Amy Margolis, un’ex avvocatessa e oggi sostenitrice della cannabis che ha lanciato l’acceleratore di impresa The Initiative proprio per cercare di colmare le disparità di genere nel settore. «In questo momento il settore è aperto a chi se lo vuole prendere. E in teoria più finanziamenti ha un’impresa, più velocemente, e in modo più strategico, potrà crescere».
Ma si tratta di un settore emergente dalle grandi speranze, un nuovo inizio in cui possono essere create nuove regole, inclusive ed eque. «È lo spirito del nostro tempo: una pianta “femmina”, una conversazione al femminile».