Cannabis Light e pronunce dopo la cassazione: dal non luogo a procedere alla soglia di thc

Cannabis Light e pronunce dopo la cassazione dal non luogo a procedere alla soglia di thc

La Cannabis Light non è ancora regolamentata in Italia, dopo il giudizio della Cassazione. La soglia di THC è il nuovo parametro di giudizio.

Come ben sapete, la situazione in merito alla regolamentazione della vendita delle infiorescenze di Cannabis Light è ancora confusa nonostante siano venduti prodotti con THC nei limiti di legge. Dalla pronuncia della cassazione del 30 maggio, si sono verificati numerosi casi nei quali la giurisprudenza si è pronunciata verso un non luogo a procedere nei confronti dei commercianti che commercializzano infiorescenze con THC inferiore allo 0,5%.

Vi riportiamo le interessanti considerazioni dell’Avvocato Miglio sul magazine online canapaindustriale.it, che delinea lo scenario attuale in Italia dopo il verdetto delle sezioni Unite.

A pochi giorni dalla lettura delle motivazioni della nota pronuncia delle Sezioni Unite, pare opportuno trarre un bilancio delle prime pronunce di merito che hanno affrontato i profili di liceità relativi alla commercializzazione dei derivati della c.d. canapa sativa L., a valle dei principi sanciti da Cass. 30475/2019.

Come si dirà fra un istante, non si può non notare (ovviamente con favore) come il recente orientamento giurisprudenziale sembra essere assolutamente in linea con i profili e le conclusioni che chi scrive aveva recentemente evidenziato su questa rivista.
In questo senso – e si fa particolare riferimento alla sorte dei procedimenti penali in corso al momento della pronuncia delle SS.UU. – è sicuramente da ricordare una recente pronuncia del G.U.P. di Cosenza che ha dichiarato “non luogo a procedere” nei confronti di un commerciante con la formula “perché il fatto non costituisce reato“.

Nello specifico, scorrendo nel dettaglio le motivazioni delle pronunce, non può non evidenziarsi come – pur volendo in questa sede prescindere da ogni disamina in merito alle distinzioni dogmatiche tra dolo e colpevolezza – la pronuncia abbia – in piena conformità alle indicazioni fornite dalle SS.UU. – ritenuto – in presenza di un contrasto giurisprudenziale al momento dei fatti – di escludere ogni responsabilità in capo al commerciante, in quanto questi “ha agito in una condizione di non confutabile buona fede nel porre in vendita o nel detenere per la vendita, in negozio specializzato, la sostanza rinvenuta e sequestrata”.

Orbene, alla luce di quanto appena anticipato, i giudici di merito – in ossequio all’insegnamento delle SS.UU. – hanno confermato che lo stato di incertezza giurisprudenziale e di oscurità del testo legislativo (nel periodo antecedente all’intervento delle Sezioni Unite) può integrare un’ipotesi di errore scusabile idoneo ad inficiare la sussistenza dell’elemento soggettivo in capo al commerciante, anche nelle ipotesi (purché avvenute in epoca anteriore alla pronuncia delle Sezioni Unite) in cui il THC rilevato possa dirsi incluso nell’intervallo tra lo 0.5% e lo 0.6%.

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