Tutta la verità sulla soglia drogante. Ne parliamo con Mauro Iacoppini, tossicologo della Sapienza

Tutta la verità sulla soglia drogante Ne parliamo con Mauro Iacoppini tossicologo della Sapienza

In questo momento, il nodo cruciale relativo alla Cannabis Light è la cosiddetta soglia drogante. In Italia, questo valore, è attestato a 0,5% a differenza del resto d’Europa che fissato a 0,2%. Il tema della soglia drogante è diventato elemento fondamentale soprattutto dopo la sentenza della camere unite.

Vi riportiamo un interessante articolo di Stefano Minnucci, direttore di BeLeaf Magazine, che tratta con grande precisione questo argomento.

Al di là delle “sentenze” mediatiche che continuano a tormentare la cannabis light giudicandola illegale, le motivazioni della Cassazione – lo ribadiamo ancora una volta – hanno lasciato aperto più di uno spiraglio per la vendita. I giudici di Piazza Cavour, in pochi purtroppo lo sottolineano, hanno esplicitamente scritto che la rilevanza penale va valutata rispetto alla capacità della sostanza ceduta di produrre effetti droganti.

La vera domanda cui rispondere è quindi la seguente: chi (e come) può stabilire questo valore discriminante? E soprattutto, quali sono le conseguenze giudiziarie e amministrative di chi continua a vendere infiorescenze e altri derivati?

Abbiamo tracciato un quadro completo conversando con Mauro Iacoppini, consulente chimico tossicologo dell’Università “La Sapienza” di Roma. Perché è chiaro che ora sarà la scienza a dover assumere un ruolo da protagonista. E soprattutto il vero attore sarà il tossicologo, che con le sue relazioni dovrà stabilire (avendo le competenze tecniche) se una sostanza “offende” secondo quel principio stabilito dalla Cassazione.

In attesa di nuovi studi scientifici in grado di determinare con chiarezza il limite drogante, un primo aspetto da sottolineare è la convergenza evidente fra studi tossicologici e giurisprudenza (dal 1989 in poi) che ha portato a individuare la percentuale di THC dello 0,5% come limite oltre il quale si concretizza l’effetto drogante. Questo aspetto – lo evidenziano anche gli avvocati Giacomo Bulleri Carlo Alberto Zaina nelle loro recenti considerazioni – viene messo nero su bianco nel Trattato di Tossicologia forense, Ed. libreria Cortina Milano nel quale si afferma testualmente: “Per qualificare come stupefacente una cannabis sarà dunque necessario ritrovare i tre principali cannabinoidi (THC, CBN e CBD) ed una percentuale di THC tale da attribuire al prodotto un certo grado di psicoattività (pari o maggiore allo 0,5%)”.

Continua a leggere su BeLeaf Magazine