Pensavate che i cannabinoidi fossero esclusivi alla cannabis? Ripensateci! Ci sono molte specie di piante che contengono cannabinoidi, terpeni e cannabimimetici. Con trattamenti clinici basati sui cannabinoidi che aumentano di numero e portata, capire dove trovare fonti alternative è di vitale importanza.
Ci sono diverse altre piante e sostanze che non contengono solo cannabinoidi, ma anche altri composti che agiscono allo stesso modo, interagendo con il nostro sistema endocannabinoide. Potreste essere sorpresi di sapere che questi composti possono essere trovati nell’armadio o nella cucina, o crescere spontaneamente nel vostro giardino. Non solo i cannabinoidi stanno diventando una regola internazionale a specifici programmi di trattamento clinico, ma possono anche aiutare ad affrontare il fenomeno del defict clinico di endocannabinoidi (CECD).
IN CUCINA
Quante volte abbiamo voglia di un pezzo di cioccolato?

IL CIOCCOLATO (THEOBROMA CACAO): pare che il cioccolato abbia un effetto calmante e lenitivo (soprattutto quello fondente). Uno studio condotto nel 1996 ha rivelato che il cioccolato “potrebbe contenere lipidi chimicamente e farmacologiamente correlati all’anandamide”. L’anandamide è un endocannabinoide comunemente indicato come “la molecola della beatitudine” a causa dell’effetto che fornisce. Ci sono anche prove a supporto dell’idea che altri composti all’interno del cacao interagiscono con l’enzima FAAH.
L’acido grasso ammide idrolasi è prodotto dall’organismo per contrastare l’accumulo di anandamide. Bloccando la produzione di FAAH, e quindi limitando il riassorbimento dell’anandamide, possiamo godere dell’effetto psicoattivo naturale fornito dal cioccolato.

PEPE NERO (PIPER NIGRUM): Tecnicamente il pepe nero non contiene cannabinoidi ma contiene il terpene beta-cariofillene (BCP). I terpeni sono composti che danno alla cannabis, e a molte altre piante, il loro aroma. È stato anche scoperto che i terpeni hanno benefici terapeutici propri.
Il beta-cariofillene, ad esempio, ha proprietà antinfiammatorie attraverso il suo legame con i recettori CB2. Altri terpeni, come il mircene, mostrano anche la capacità di produrre effetti sedativi (testato sui ratti).
IN GIARDINO
LE PIANTE CHE STIMOLANO IL SISTEMA ENDOCANNABINOIDE
Alcune possono essere più difficili da recuperare rispetto ad altre, ma per la maggior parte queste piante o sostanze sono legali e contengono composti che possono interagire in qualche modo con il sistema endocannbinoide.
Le piante che andremo ad elencare sono solo un esempio fra tutte le specie contenenti cannabinoidi e composti simili. Mentre aumenta la nostra comprensione sui cannabinoidi cresce anche l’importanza di avere fonti alternative. Se consideri che alcune di queste piante agiscono come i cannabinoidi e riuscissimo a sfruttare le capacità dei cannabimimetici chissà quali possibili rimedi naturali potrebbero essere possibili.
ECHINACEA: trovata comunemente nei nostri giardini, aiuole e davanzali, l’echinacea è una pianta molto gradita per la bellezza dei suoi fiorellini, se però la metti sotto ad un microscopio questa pianta esibisce una serie di capacità completamente diverse cioè i cannabimimetici.
I cannabimimetici non sono uguali ai cannabinoidi a livello molecolare, ma provocano una reazione simile al nostro sistema endocannabinoide. L’echinacea è stata usata per secoli come rimedio per il raffreddore e l’affaticamento. Parte della sua efficacia si crede risieda nel modo in cui aiuta a regolare i nostri sistemi immunitari e antinfiammatori.
IN NATURA
RADULA MERINGATA: la radula meringata è unica perché se ingerita produce gli stessi effetti del THC (anche se molto blandi). Questo però non è il risultato del THC ma di un composto simile chiamato perrottetinene. Si ritiene che il perrottetinene si leghi ai ricettori CB1 allo stesso modo del THC, ma la radula ha un netto vantaggio: è ancora legale.
ACMELLA OLERACEA: chi nella vita non ha mai sofferto di mal di denti? Prima dell’arrivo della medicina moderna, le persone dovevano studiarsi metodi naturali per ottenere un po’ di sollievo dal dolore. L’acmella oleracea era fra le favorite perché quando masticata fornisce un effetto analgesico. la Cambridge University ha studiato la pianta e ha scoperto che contiene un composto chiamato N-isobitilammide. Si pensa che questo composto si leghi con i recettori CB2 contribuendo a ridurre il dolore e l’infiammazione. C’è la speranza che sfruttando le capacità dell’acmella si possa ottenere un’alternativa naturale ai farmaci.