Dopo aver modificato la sua politica sulle droghe leggere, la NFL dona 1 milione di dollari per studiare il ruolo della cannabis e dei cannabinoidi per la gestione del dolore. Che lo sport americano stia davvero cambiando rotta?
Le due ricerche promosse dalla NFL sulla cannabis
La National Football League (NFL), la principale lega professionistica statunitense di football americano, ha donato 1 milione di dollari alla ricerca per studiare gli effetti dei cannabinoidi sulla gestione del dolore e sulla neuroprotezione da commozione cerebrale nei giocatori di football. Gli studi sono stati promossi dal Joint Pain Management Committee della NFL Player’s Association (NFLPA), realtà che mira a facilitare la ricerca per comprendere e migliorare i potenziali trattamenti alternativi ai farmaci oppioidi per la gestione del dolore per i giocatori della lega.
Il dottor Kevin Hill, co-presidente del comitato, direttore della Addiction Psychiatry al Beth Israel Deaconess Medical Center e professore associato di psichiatria alla Harvard Medical School, ha affermato che il comitato ha ricevuto oltre 100 proposte di ricerca da istituti clinici e ricercatori di tutto il mondo. Al termine del processo di selezione sono stati scelti due differenti team: i ricercatori dell’Università della California di San Diego e quelli dell’Università di Regina (Canada), che agiranno con focus e obiettivi differenti.
Lo studio condotto dall’Università della California
“Il nostro obiettivo è fare maggiore chiarezza sulle potenzialità della cannabis per ridurre il dolore post-gara”, ha spiegato il dottor Mark Wallace, ricercatore co-principale e direttore del Center for Pain Medicine presso l’UC San Diego Health. In particolare, “l’obiettivo principale di questo studio clinico è valutare l’efficacia terapeutica, rispetto al placebo, e gli effetti avversi di delta-9 THC, cannabidiolo (CBD) e THC/CBD combinati per alleviare il dolore da trauma dei tessuti molli post-gara negli atleti d’élite”.
Per condurre lo studio e raccogliere i dati, gli atleti testati dall’Università della California vaporizzeranno i trattamenti a seguito di infortuni legati al gioco, con i risultati monitorati tramite app telefoniche remote.
Lo studio condotto dall’Università di Regina
Duplice, invece, l’obiettivo del team dell’Università di Regina, che si concentrerà anche sul trattamento di malattie croniche acute.
“Crediamo che diverse formulazioni di cannabinoidi presenti nella cannabis terapeutica abbiano il potenziale per avvantaggiare gli atleti che soffrono di malattie croniche acute e a lungo termine emerse come conseguenza delle commozioni cerebrali”, ha spiegato il dottor Patrick Neary, fisiologo dell’esercizio fisico e professore presso la Facoltà di Kinesiologia e Studi sulla Salute dell’Università di Regina. Doppio lo scopo: “da una parte, determinare se i cannabinoidi CBD e THC possano essere usati in modo sicuro ed efficace per la gestione del dolore e per ridurre l’uso di farmaci da prescrizione, inclusi gli oppioidi nel post-atleti con sindrome da commozione cerebrale. Dall’altra valutare le proprietà neuroprotettive dei cannabinoidi per ridurre l’incidenza o la gravità della commozione cerebrale acuta e cronica nei giocatori di football professionisti”.
Le politiche sulle sostanze stupefacenti dalla NFL
La NFL ha cambiato le sue politiche legate alle sostanze stupefacenti nel febbraio 2021, quando è nata l’ipotesi di utilizzare la cannabis e le sue proprietà antinfiammatorie e antidolorifiche per trattare traumi e infortuni al posto degli oppioidi e ridurre così il rischio concreto — oggi un vero e proprio problema sociale per gli Stati Uniti — di dipendenza. Tra gli obiettivi, non solo capire il potenziale ruolo terapeutico della cannabis, ma anche valutare il suo possibile impatto sulle performance degli atleti.
Parallelamente alle ricerche, la NFL ha cambiato anche la sua politica sui test antidroga, così come è avvenuto in molte altre realtà sportive statunitensi. Ora, infatti, i giocatori della lega non verranno più automaticamente sospesi dalle partite in caso di test positivi per l’uso di un qualsiasi tipo di stupefacente, ma i provvedimenti cambieranno a seconda delle tipologie e delle quantità rilevate e comprenderanno punizioni di tipo economico, con riduzione o perdita temporanea dello stipendio.
La nuova normativa punta quindi non solo a fare distinzioni tra i diversi tipi di sostanze, ma anche a valutare ogni singolo caso per permettere così un intervento mirato, più o meno rigido, in caso di necessità.