Il cannabinolo (CBN) potrebbe supportare l’organismo e contribuire alla prevenzione e al trattamento delle malattie neurodegenerative correlate all’età, in primis l’Alzheimer. Ecco tutti i dettagli dello studio.
Che cos’è il cannabinolo
Il cannabinolo, anche noto come CBN, è uno dei principali principi attivi della cannabis, anche se uno dei meno noti tra i consumatori. La sua estrazione non avviene direttamente dalle infiorescenze, ma deriva dal processo di ossidazione e decomposizione del THC.
Privo di effetti psicotici, il CBN è spesso usato per i suoi effetti calmanti e rilassanti — tanto che spesso viene usato come sedativo o per migliorare la qualità del sonno —, ha proprietà analgesiche, anticonvulsivanti e neuroprotettive e ha una particolare affinità con i recettori CB2 presenti nell’organismo. Secondo studi recenti, inoltre, il CBN potrebbe stimolare anche la crescita del tessuto osseo, favorendo progressivamente la rigenerazione delle fratture, e potrebbe rivelarsi un ottimo trattamento per arginare i disturbi provocati dalla SLA e da altre malattie degenerative. Gli ultimi a studiare queste proprietà sono stati i ricercatori del Salk Institute for Biological Studies.
CBN contro le malattie neurodegenerative: lo studio
Attraverso lo studio, disponibile anche su ScienceDirect e intitolato “Cannabinol inhibits oxytosis/ferroptosis by directly targeting mitochondria independently of cannabinoid receptors”, i ricercatori del Salk Institute hanno scoperto che il cannabinolo protegge le cellule nervose dal danno ossidativo, un fattore che influisce pesantemente sulla morte cellulare.
“Il cannabinolo protegge i neuroni da stress ossidativo e morte cellulare, due dei principali fattori che contribuiscono alla malattia di Alzheimer”, ha spiegato Pamela Maher, direttrice del laboratorio di neurobiologia cellulare del Salk Institute. “Questa scoperta potrebbe un giorno portare allo sviluppo di nuove terapie per curare questa malattia e altri disturbi neurodegenerativi, come la malattia di Parkinson”.
Focus dello studio il processo di ossitosi-ferroptosi, che, attivato dalla perdita graduale dell’antiossidante glutatione, con conseguente danno cellulare neuronale e la morte mediante ossidazione lipidica, potrebbe essere all’origine della malattia di Alzheimer.
Cannabinolo contro le malattie neurodegenerative: i risultati dello studio
I risultati dello studio hanno dimostrato che il CBN agisce proteggendo i mitocondri, organelli cellulari di forma generalmente allungata presenti all’interno delle cellule e noti come “centraline energetiche”, poiché capaci di produrre grandi quantità della molecola ATP (adenosina tri-fosfato), che ha il compito di trasportare e fornire alle cellule l’energia necessaria per le loro funzioni. Se da una parte l’ossidazione danneggia i mitocondri, dall’altra il CBN impedisce agli stessi di danneggiarsi e permette loro di continuare a funzionare correttamente. Per convalidare i risultati, il team ha riprodotto il fenomeno sulle cellule nervose senza mitocondri; In questo caso, il CBN non aveva più un effetto protettivo.
“Siamo stati in grado di mostrare direttamente che il mantenimento della funzione mitocondriale è specificamente legato agli effetti protettivi del composto”, ha continuato Maher. “La disfunzione mitocondriale, inoltre, è coinvolta in cambiamenti in vari tessuti, non solo nel cervello e nell’invecchiamento, quindi il fatto che questo composto sia in grado di mantenere la funzione mitocondriale suggerisce che potrebbe avere benefici che vanno oltre il contesto della malattia di Alzheimer”, ha detto Maher.
A questa si aggiunge un’altra scoperta del team. Dall’analisi è emerso che il cannabinolo non ha attivato i recettori della cannabis, all’origine della risposta psicoattiva cannabinoide, il che significa che può essere somministrato anche senza sfruttare l’effetto psicotropo della pianta.
“Il CBN non è una sostanza controllata come il THC, la principale componente psicotropa della cannabis, ed è stato dimostrato che non è un pericolo per gli animali e gli umani”, ha aggiunto Zhibin Liang, ricercatore coinvolto nel progetto, che sottolinea così l’importanza e la possibilità di sviluppare nuove terapie. “Poiché il CBN opera indipendentemente dai recettori di cannabinoidi, questo potrebbe anche agire in un’ampia varietà di cellule, con un significativo potenziale terapeutico sotto numerosi punti di vista”.