Considerata la confusione nata dall’errata interpretazione del nuovo decreto sulle piante officinali pubblicato lo scorso 12 gennaio, che secondo alcuni rende la cannabis light illegale in Italia, è giusto non solo fare un po’ di chiarezza sulla questione, ma anche ricordare ed evidenziare gli aspetti positivi del fenomeno cannabis light nel nostro Paese.
Cannabis light in Italia: la situazione attuale e i risvolti positivi
In Italia, il mercato della cannabis light nasce nel 2017 in seguito all’approvazione della Legge n. 242 del 2 dicembre 2016. Da allora, anche grazie alla recente raccolta firme per la depenalizzazione, si è più volte parlato di una legalizzazione tout court e dei suoi potenziali effetti positivi, sia dal punto di vista sociale che economico; secondo le stime dell’Università di Messina, per esempio, la legalizzazione potrebbe portare fino a 10 miliardi di euro l’anno nelle casse dello Stato.
Oltre alle stime, però, ci sono le ricerche italiane che hanno dimostrato le reali conseguenze vantaggiose della legalizzazione nel nostro Paese. Ecco gli studi e i risultati nel dettaglio.
Con la cannabis si riduce il consumo di farmaci
Tra gli effetti positivi della diffusione della cannabis in Italia c’è la riduzione del consumo di farmaci. A evidenziarlo è stato uno studio pubblicato sul Journal of Health Economics e realizzato dai ricercatori italiani Vincenzo Carrieri, del Dipartimento di Legge, Economia e Sociologia dell’Università Magna Graecia di Catanzaro, Leonardo Madio e Francesco Principe.
La ricerca, intitolata Do-It-Yourself medicine? The impact of light cannabis liberalization on prescription drugs, ha analizzato gli effetti di un caso particolare, risalente al 2017, di liberalizzazione di un prodotto a base di cannabis light (CBD). Utilizzando i dati sulle vendite di farmaci da prescrizione e comparandoli alla scaglionata disponibilità del nuovo prodotto in ogni provincia italiana, è emerso un significativo calo delle vendite di ansiolitici (che hanno registrato una riduzione del 11,4%), sedativi (-10%) e antipsicotici (-4,8%) a favore dell’acquisto del prodotto a base di cannabis.
“È interessante notare che questi sono anche i tipi di farmaci per i quali il CBD – ma non la cannabis light in sé – è riconosciuto o pubblicizzato come avente un effetto clinico, cioè per il trattamento di ansia e psicosi”, hanno spiegato i ricercatori. “Ciò è spiegato intuitivamente dalle proprietà rilassanti del CBD, che è spesso usato per trattare i disturbi del sonno”.
Meno significative, invece, le riduzioni legate ad altri prodotti farmaceutici destinati a terapie croniche: antiepilettici (-1,5%), antidepressivi (-1,2%), oppioidi (-1,2%) e antiemicranici (circa -1%). “Questi sono tutti farmaci che richiedono una terapia costante e coerente, spesso prescritti da specialisti, e per i quali il passaggio a una ‘terapia alternativa’ basata sull’automedicazione può risultare più problematico, soprattutto per i soggetti a rischio”.
Con la legalizzazione si riduce il mercato illegale
Non solo la riduzione del consumo di farmaci, ma anche quella del mercato illegale. A dimostrarlo gli stessi ricercatori dello studio precedente attraverso una ricerca intitolata Light cannabis and organized crime: Evidence from (unintended) liberalization in Italy e pubblicata sulla rivista European Economic Review.
In questo studio è stato analizzato nello specifico un’altra liberalizzazione della cannabis light avvenuta in Italia, questa volta nel dicembre 2016, e che ha interessato l’intero territorio nazionale e i grow shop, ovvero i rivenditori che vendevano prodotti industriali legati alla cannabis. I dati sulla diffusione sono stati comparati a quelli delle confische mensili di prodotti presenti nel mercato illegale nel periodo 2016-2018.
Dall’analisi è emerso che la liberalizzazione della cannabis light ha portato a una riduzione fino al 14% delle confische per ogni grow shop esistente in zona e una diminuzione significativa sia delle altre droghe che del numero di persone arrestate per reati legati allo spaccio. “Questi risultati supportano l’argomento secondo cui la fornitura di droghe illegali è sostituita dall’ingresso di rivenditori ufficiali e legali”, hanno concluso i ricercatori.